Tra il terriccio e il verde del Forte Prenestino, circa cinquemila persone sono state testimoni di un tripudio per l’hip hop, che dimostra di saper tenere la schiena dritta di fronte agli ostacoli (im)posti dal nuovo millennio.
Un hip hop che da qualche anno è stato preso di mira dalla moda e quindi dalle major, solo per essere delegittimato e addomesticato al mercato. Ne sono esempio le distorte e discutibili attribuzioni e definizioni che vengono fantasiosamente argomentate da personaggi a contatto con il grande pubblico. D’altra parte è pur vero che, chi fa hip hop sa difendersi molto bene da solo, senza bisogno di troppe osservazioni. Nella capitale erano in cinquemila per un live di soli rapper italiani. Nessun nome internazionale a gonfiare i numeri, tutto merito di pochi nostrani.
Un numero che premia indubbiamente l’attitudine di tutti quelli che hanno calcato quel palco. Nessuno escluso. Tutta gente che neanche per sogno andrebbe in tv nei panni del clown a proclamarsi “rapper” e che, con estrema compostezza, ha dimostrato negli anni di saper tener vivo l’hip hop in maniera leale. Kaos, Masito e Danno, Chef Ragoo in primis e a seguire tutta la GDB Famiglia, Dj Craim e Dj Baro(CDF), DJs della formazione Good Old Boys. E nel pubblico c’era gente dai 13 ai 40 anni. Con la “scusa” di andarmi a prendere da bere, mi faccio un giro per sondare il terreno. C’era la ragazzina innamorata di tizio o caio – ma anche di tizio e caio e pure sempronio -, c’era il trentenne che in silenzio e a braccia conserte si godeva emozionato il live, c’era chi sapeva a memoria interi dischi e si galvanizzava.
Insomma c’eravamo tutti noi, figli di generazioni soffocate dall’apatia del nostro stile di vita individualista, consumista, tremendamente post-capitalista. Tutti felici che qualcuno in questo paese, nonostante tutto, riuscisse ancora a vincere. A radunare migliaia di persone in nome di una passione vera, a mantenere vivo un amore puro verso una cultura. Tutti fieri di quei “scrausi anni ’90” che contribuiscono a tenere in vita l’hip hop in Italia con passione e talento. Titani del rap, umili e cordiali nella vita. Grintosi sul palco, delicati e riservati nel quotidiano. Oltre quattro ore di live, hanno reso perfettamente l’idea di chi sia tale Sig. Hip hop, un tipo riflessivo e riservato, dall’animo nobile e dal cuore duro ma puro. Un signore col cappello dal quale spuntano due orecchie verdi a punta.
Ha aperto Suarez, seguito da Chef Ragoo e Dj Stile, poi Gente de Borgata, con la presentazione di “Manifesto”, affiancati da Er Costa e Er Negretto, e poi il lungo e intenso live Good Old Boys, a cui hanno preso parte sul finale i Brokenspeakers e Paura. Difficile descrivere l’atmosfera respirata in quella serata, un live nel quale non c’era nessuno di spocchioso, era tutti profondamente legati e rispettosi l’uno dell’altro, e si sentiva. Un live in cui la scaletta non conta più di tanto, perché se uno si dimentica una rima, entra l’altro in freestyle e lo show va avanti più hardcore di prima. E non è semplicemente “alla vecchia maniera”, perché non può essere tutto sempre rapidamente delegato e confinato nel passato. Questo è il presente, ed alcuni provenienti dal passato ne fanno dignitosamente ed attivamente parte. La storia hip hop – quella vera, non quella del Forum di Assago – continua ad essere scritta, con un marker indelebile, in una calligrafia più che mai riconoscibile.
(Immagini cortesemente concesse da Stefano Bruni aka Cool 79)